02 ottobre, 2008

Si è perso l'incanto
nel bosco.
Sta,
la nebbia.
La mia lupa svogliata
si ferma.

13 aprile, 2008

Lontano

In te tutti gli uomini odorano di zucchero sciolto.

Tu sei il richiamo dell’oasi primordiale
un’autostrada che collassa nelle nostre fessure.

Agosto

Nella busta di plastica celeste ci stava
stretta l’estate di Pirano.
Scorrendo una piccola cerniera si tirava fuori
il mare.

Poi si tornava a casa,
tenendosi stretti.

Nuovo lavoro

Il boia è sereno dopo il lavoro.

A me non rimane
forza che non guardarti, non esserci,
e non darti,

come una madre al contrario,

la vita.

02 novembre, 2007

SCRIVO MENTRE ASPETTO

Possibile che nel tempo rimasto
gli occhi chiusi si adagino
sulle dita spingendole
e casuali le parole
si rincorrano e poi
scendano giù
alla spicciolata
nel rigo
di sotto.

PREVEGGENZA

Voglio scrivere di te come se non ti avessi accanto
come se non mi volessi, come se il tuo amore fosse distratto
e io non avessi altro che inventarti in righe.

NOTTE DEL RAGNO

Un’altra sera e’ quasi finita, la spingo sulla schiena
per accelerarle il passo
che notte, sonno, sia, senza una luce, un ricordo, un percorso
perche’ le luci, i ricordi e i percorsi si sono perduti
dietro un vetro satinato e rinnegati con abilità
dal mestiere scaltro del ragno.

mArcerie

Sono marce le strade che portano a me
radici filiformi impediscono il proseguire e rallentano
ogni passo, affondando nella colpa le suole
gravide di leggerezza.
L’asfalto incancrenito si scioglie
nell’avvicinarsi al mare
e come sabbie mobili liquefà ogni tentativo
faticoso e sudato di amore onesto.

BRUTTE PAROLE

Concedersi le brutte parole rende giovani e ingordi
il suono delle viole é obliquo
la grande madre é una gramigna che cresce
e si infila crescendo sottopelle

le radici sono spire di carne e spirito
la pelle dei nostri figli il velo sugli occhi
e unghie da tagliare e piatti più pieni dei nostri.

23 ottobre, 2007

AIUTO, PASTORE

Mani pallide con unghie ricurve
armi di avvoltoio civile, voce media per recintare la pecora
questo e’ il cane randagio, vestito da pastore
scavato da rabbia grondante di denti.
Questo e’ l‘uomo nel letto che ondeggia sulla leva
di turno, sguainandone l’anima con artiglio spuntato.

LE PAROLE

Ogni cosa è una parola.
Ogni pensiero, ogni idea, ogni curva.
Certe parole si scrivono sulla carta
altre nelle intenzioni,
nell’aria dentro una macchina ferma
sulla lingua che cerca di entrare
sulla federa del cuscino caldo
sull’asfalto di chi torna a casa.

Certe parole le scrivono gli altri
e si appendono per guardare fuori
come una finestra in una stanza senza finestre
si strusciano a strisce sulla tela
cambiando densità
e colore.

Le parole sono tutto.
Sono ruvide, liquide, aspre.
Hanno tante forme e confini, la pelle
le mani, le porte.

Ogni cosa ha una parola
come un domopack avvolto e trasparente
che aiuta a capire
cosa c’e’ sotto.

14 settembre, 2007

QUEL GIORNO TI HO DETTO CHE

Larghe colonne invadono un portone umido
zampe di elefante in una scatola cinese
non c’è spazio lì accanto
per le incerte parole del glorioso pudore
che imbratta sanguigno le guance nell’ombra.

Sbatte infuriato il petto in allarme
per l’imprevista sconveniente confessione
incapace soldatino alla difesa
e l’impudica Ninfa d’amore riappare.

E' L'ANIMA SPARSA

E’ un abbraccio verde bosco
che mi avvolge inatteso
come una corteccia d’albero calda
che parla, in un sacro silenzio.

Sono installazioni d’avanguardia
le posizioni delle mani sull’altro
nel contenere equilibri sfuggenti
immobili.

E’ la sua anima sparsa che mi fa sbandare
come un’astemia ubriaca
e ondeggiare leggermente sui piedi
come in un passo di ballo muto.

Pizzica la lana sulla mia guancia
inerme
e la mia forza scivola nebulosa
dai miei contorni
perduta e sapiente.

PORTE APERTE

Rimangono porte aperte
nel lungo corridoio.
Luce e aria proibita solo a me
si apre su coni di pulviscolo di luce.
sabbie mobili di rumore.
Io, ladra di mariti in alberghi di lusso,
non devo guardare dentro,
In lontananza frusciano ritmicamente
ascensori
che si aprono su grossi uomini in grigio
e i loro figli ricci
e ricchi
corrono fuori riempiendo lo spazio di echi acuti
Io, perduta prostituta d’amore,
chiamo con pudore
pulsanti dorati
e un timido servizio in camera
per una New York degli altri
quelli legittimi
che hanno le chiavi.

13 settembre, 2007

VALUN#2

Mentre penetrata da profumi d’oriente
misuravo l’impaziente nuova passività
l’orizzonte, le antenate complici, le insenature
dei tuoi iridi
e l’indolente futuro percorrevano le vene riarse
e arrese nemiche di notti senza piangere.

VALUN#1

Le corolle senza odore sono
le uniche risonanze inutili
della folla di aromi medioevali
di quelle valli e lingue arse.

APERITIVI

E se per incanto dal mio limpido stare
sorgesse l’impetuosa guerriera delle
amanti senza cuore
se sbucciando le pelli dalle dita
si sciogliessero gli aromi e i desideri
la mia vita e tutto quanto intorno
perderebbero contrasto e
di sicuro le mie estati diverrebbero
mesi di vino in piedi.

LA TANA

Perché scrivere fa male
ma non riesco a rinunciare alle notti
addomesticate
questa e’ una tana di un animale
l’odore della notte e’ di tutte le notti
cannibale vampiro mi nutro di me stessa
favoleggiando su ipotetici destini
amari amanti, perdute occasioni
intuiti irraggiungibili epiloghi.

I LUNEDI'

Come tranci di amore roseo
si accavallano a me i miei figli
il loro respiro accoppiato riscalda di vapore la stanza
la casa la vita ha quattro tozzetti di legno
come baricentri di equilibrio universale
quando noi tre sul letto grande
siamo in cima alle vette.

LENZUOLA PULITE

Tu eri un lenzuolo pulito
che rinfresca i piedi e strofina
di odore di salvia la pelle.

Tu sei lenzuola leggere
che avvolgono i gesti e abbracciano
i corpi di quell’amore offeso.

Io sono un fazzoletto nel pugno
bagnato di saliva che in questa prima notte
si racchiude nel buio.

BAULE

Io sono un baule pieno di cose
da buttare
quando mi trasporto faccio tanta fatica
il portellone rimane aperto
e da una città all’altra perderò qualche foto.

10 settembre, 2007

BELLUNO


















Le achillee sono esili cornici di passeggiate accecanti
e sfrigolanti di cicale
erano le foglie dei pomodori i respiri d’agosto

la schiena piegata formulava teoremi geometrici
nei campi di grano, scie lente di spighe pestate
mi iniziavano verso il mio nome e la disubbidienza.

Vorrei sbucciarmi via squame di mente
e rimanere per sempre sulle scale
di allora
a sporcarmi d’anguria.

30 marzo, 2006

SUL MARCIAPIEDE

Il tumulto ribolliva d’estate
d’asfalto morbido e ardente
e lo stordimento per il mare era ovunque.
Ovunque mi girassi c’era mare,
canali e torrenti tra le case, traguardo di colline
valige alla stazione,
e salsedine
a condimento
del clangare degli alberi dondolanti.
Il mare bollente ungeva le piante dei piedi stanchi.

Gli ubriachi vagano con i pensieri altrove
io automa dall’ipnotico respiro

mi feci raccogliere da ogni via,
portoni e ciottoli fumanti mi parlarono
del tuo rapido passaggio, chiaro e nero.
Discesi antiche infinite salite
e firmai sedute sui marciapiedi
fratelli dell’assolata attesa e soli come me,
testa tra le mani e cuore per terra.

14 marzo, 2006

FOTOGRAFIA




Voglio vestire un abito a fiori leggero
e stare in ginocchio sulle pietre
sul bordo del mare
mettermi li', in autunno
tenermi il viso e lasciare
i capelli ventosi
in bianco e nero.

07 marzo, 2006

MATURITA' (il seno calato)



Era un seno
calato
verso te,
l’età senza sponde.

Rivoltiamoci sul letto,
Serpenti candidi legano ora le gambe
Morbidi orgogli tra lenzuola strizzate
nei seni rivolti.

Carezze arano e sfioramenti bevono
perche' ogni corsa di ore in fila va, verso la sera
e la prima ombra di chiarore
può svegliare lo squillo delle incognite
perdite avvenute nella notte.

06 marzo, 2006

STRADE VUOTE



ti aspetto e ogni notte passa e non passa
la tua assenza nei miei giorni è un rintocco lugubre
il mare di dicembre è pieno di magenta
e il tepore dei corpi un surrogato delle tue mani

ti aspetto e ciò che aspetto non lo so più
sei una religione, una croce, una fede
la mia anima si sublima  disprezzando il corpo
relegato ai passanti
 
ti aspetto e la mia casa è una chiesa sconsacrata,
tutte le biciclette sono i tuoi passi che girano
e tutte le barche dei mari un’ombra di te

più di un uomo mi ama ora, pietra resa lucente
dall’amore che non ho per loro. 
Ma le strade sono deserti infernali che si caricano di attesa
come di pioggia le nuvole

ti cerco dentro di me, Penelope senza eroe, e ti aspetto.
Perchè il mio amore è padrone 
splendido e spietato
delle nostre vite.

FUOCO AUTOMATICO



La fotografia che cerco di farmi
e’ sempre mossa,
ma il movimento non e’ un’opzione.
Dov’era quella spiaggia, cosa tenevo in mano?
sale grigio biologico su un pavimento
sfumato di blu

strisce di sguardo in macchina, capelli intorno
l’aria trascina i gabbiani
in macchie grige, ventosi risvolti.

Gli aliti sull’obiettivo non contrastano.
L’espressione tersa svanisce.
Gli occhi liquidi annacquando il vetro
adombrano di rimanenze gli iridi.

Se ci fosse nella vita
il fuoco automatico
i contorni nitidi e i baci e le intenzioni
sarebbero congruenti al cuore.

26 gennaio, 2006

COSA E' L'AMORE


IlPadreDioSignoreSeduto
fa in modo che quando
i pesi del vivere non ci rallentano
più ma stanno
per fermarci sulla riva limacciosa,
ci arrivi una cima
tra le mani
come un polipo ancora vivo
si attorcigli ai polsi,
come un argano
ci trascini fuori
dal pantano.

20 gennaio, 2006

DUBROVNIK #1


Negli occhi stretti
isole nude
Cicale che gridano
nel suono di un agosto
di poca guerra fa.
Le mani sudate
tenute come adolescenti
e secoli indietro
maestosi e ridicoli
in pagine di dépliant.

LA STRADA DEL MASCHIO



Che bella chitarrina...
la strada d’agosto
si srotola bollente e ci chiediamo
con gli occhi stretti
dove finisce
l’ingenuità che ci spinge
a schizzi di luce dai guard rail.

Vorrei invadere il terreno
arso e i sassi
bagnarli come un uomo
nel rantolo di certe punte della notte
prima di morire
fecondare
e andarmene
sulla strada in mezzo
e non voltarmi.

FRUSCIO



Sei nelle mie orecchie
fruscio stridente.

Un viso mai quieto,
esondazioni di torrenti di anime
di virtu’ e menzogne

e tessuti da poco usurpano la pelle
lontra vibrante
ma inutile sacrificio e’ apparire in serie

Noi, selvatiche uomini-femmina, purissime amanti,
io dell’amore, tu dell’infinita ricerca del solido paterno

Stefania, angelo indemoniato, smaniosa essenza dell’essere uomo,
tenerissima bambina delle follie,
la tua rabbia mi educa, il tuo dolore mi ama,
il tuo esistere mi culla,

e invecchiare mi solleva, nuda e fragile,
appagata sorella visionaria
con le ginocchia serrate
a proteggerci dal resto.

LO SCAFO IMMERSO ALL'ORIZZONTE



Il ritmo sincopato
scivola
qualcuno s’è alzato e mi ascolta
impavida guerriera stanca
incredula e sporca di dolori

si seminano parole come àncore
nella sabbia ed il vento prosciuga le pozze
il calore si avventa sui turbini
e le paure
Acqua fresca e luccicante
con le mani sul petto

in ginocchio sui sassi mi investe
benedici questa estate e miei capelli scomposti.

In lontananza un piccolo scafo brilla
troppo immerso
appesantito
dalle notti senza chiavi
e io lo vedo
nudo curvo
diverso e uguale.